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Daniele Fiesoli, il designer sostenibile da quando non era ancora di moda esserlo

In occasione dell’ultima Settimana della Moda Uomo in cui Prada ha sfilato con una collezione ispirata alla sostenibilità, Miuccia Prada ha dichiarato che un tempo la sostenibilità era una teoria, mentre ora, sottintendendo, forse, da quando è arrivata l’ondata dei designer più noti, “sta accadendo”, commettendo un peccato di omissione nei riguardi di quei designer che, come ad esempio Daniele Fiesoli, nella sostenibilità della moda, con le proprie collezioni, ci lavora da anni. Nel suo caso, in particolare, gli anni sono, ormai, 20.

GaiaZoe.life, lo ha intervistato:

Due decadi di lavoro sostenibile nella moda: i grossi nomi della moda ci stanno arrivando solo ora, viste le ultime sfilate di Milano Moda Uomo.Cosa significa in termini concreti e di qualità del progetto essere arrivati prima?

Arrivare prima non sempre è sufficiente, su questi progetti ci lavoriamo da anni ma fino a 2/3 stagioni fa il recycle/upcycle era da nascondere; per i clienti era un difetto, oggi per fortuna è diventato un pregio e dobbiamo essere bravi a comunicarlo in modo da potersi distinguere da chi lo fà saltuariamente solo per scelta di opportunità del momento e chi, invece, come noi ne fà un obiettivo.

Come declina la sostenibilità nelle sue collezioni?

Direi che la sostenibilità è un fil rouge che attraversa tutti i progetti dell’azienda, in alcune collezioni come Up-cycle è integrale: si parte dal filo per finire alla busta ed oltre (sto lavorando personalmente ad un progetto per cercare di recuperare da i nostri clienti le buste che normalmente vengono buttate via dopo che il prodotto è messo sugli scaffali). Ed in altre dove non possiamo essere cosi integrali  cerchiamo di fare delle scelte su materiali e  tecniche di produzione che abbiano il minore impatto possibile sull’ambiente.

Dove reperite la materia prima e quali processi utilizzate per lavorare i capi in maniera sostenibile?

 

Parlando del cashmere, la materia prima ci arriva da tutto il mondo.E’ costituita  da capi  usati (post uso) raccolti e inviati tradizionalmente nel distretto di Prato. Questi capi vengono divisi per qualità e per colore ,successivamente  con uno speciale macchinario vengono sfilacciati  in seguito cardati e riportati a fibra pronta ad essere filata nuovamente .

Ovviamente la lavorazione non è cosi semplice da poter descrivere in due righe e sopratutto non basterebbe a poter ottenere un filato all’altezza della qualità delle nostre collezioni, al materiale di post uso uniamo del materiale di pre-uso ed in piccola parte quando necessario anche del materiale vergine.

Tutta la filiera ha impatto praticamente zero, se non per il trasporto dei capi usati che avviene principalmente via nave, le lavorazioni più inquinanti tipo la tintura non esiste , in quanto i colori si ottengono  semplicemente mischiando le fibre .

Come vi comportate nei riguardi del packaging e che tipo di certificazioni avete?

Come dicevo sopra il packaging ha un ruolo importantissimo nell’inquinamento: all’inizio eravamo partiti usando il mater B ed altri materiali biodegradabili provenienti da mais ed altri vegetali, ma poi riflettendo  sono arrivato alla convinzione che la vera sostenibilità non è tanto produrre nuove cose anche, se biodegradabili, ma nel togliere di mezzo quello che è già in circolo e dargli una seconda vita e possibilmente renderlo ancora più bello e utile ; piuttosto che disboscare per piantare del mais che poi viene usato per fare delle buste ,ho preferito seguire il principio usato con il cashmere, cambiando solo la materia prima.Raccogliere plastica , riportarla allo stato di polimero e trasformarla in una busta/ shopper simpatica che racconta il progetto e che possa essere utilizzata anche per altre cose oltre a contenere una maglia per soli  60/90 giorni.

I vostri capi sono tracciabili?

No i capi non sono tracciabili ma la materia prima lo è

Come si concilia estetica e sostenibilità?

Con professionalità  tecnica , grande creatività e tanta esperienza , quando si vive di prodotto più che di marchio si deve essere in grado di conoscere profondamente quello che fai , sei costretto  a presentare sul mercato il miglior rapporto fra immagine , qualità e prezzo.Questa è la ragione del nostro successo,  abbiamo semplicemente aggiunto una parola nuova “ sostenibilità”. La definizione corretta di tutto questo è appunto “UPCYCLE”

La clientela vi riconosce questo tipo di approccio in termini di valore aggiunto?

Beh devo dire che non è stato facile ,ma oggi inizio finalmente a vedere i risultati di 20 anni di lotte controcorrente , dal “ABSOLUTELY MADE IN ITALY”  alla sostenibilità. (Viviana Musumeci)

(*Gaiazoe.life il primo vero blog sul lifestyle sostenibile)

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