Cara Gaia,
sei la Terra e ti ho pensato tanto in questi giorni. Qualche tempo fa, come se ce ne fosse bisogno, perché l’uomo dimentica facilmente, avevo pubblicato un post su Instagram in cui dicevo che: “il mondo può vivere senza l’uomo. E’ l’uomo che non può vivere senza il nostro Pianeta”. Una frase di una semplicità assurda eppure, oggi, particolarmente attuale. Con il Coronavirus – la storia ci dirà esattamente, oltre ogni complottismo, come si sia diffuso così velocemente in tutto il mondo, ma ho come la leggera sensazione che l’uomo, in qualche modo, possa esserne responsabile con le scelte e le azioni compiute finora – tu sei tornata a respirare. L’uomo si è tappato in casa e tu ti sei rigenerata; alcune acque conosciute per la loro melmosa consistenza in cui un essere umano non bagnerebbe nemmeno il dito di un piede, si sono popolate di delfini (quando mai a Venezia abbiamo visto dei pesci nuotare in laguna?); alcuni mari sono tornati limpidi a bagnare coste abitate da ecomostri; le rondini hanno ricominciato a svolazzare puntualmente il 21 marzo senza indugiare come negli ultimi anni; l’aria è tornata a essere respirabile e tutto si è fermato, più o meno.
E non so a te, che mi ospiti e mi nutri da quando sono in vita, ma a me sembra assurdo pensare che, dopo questo stop imposto, tutto tornerà come prima, ovvero come due mesi fa, quando i fiumi si coloravano di blu in paesi dove le persone sono abituate a immergersi in acque schiumate per sostenere il sistema moda nei Paesi ricchi; dove la schiavitù è ancora praticata, ma viene chiamata civiltà perché, in fondo, andare a lavorare a 10 anni, è l’unico modo per sfuggire alla prostituzione o al turismo sessuale ed è così che sostenti la tua famiglia; dove l’università è per pochi e la maggior parte della scolarizzazione si ferma alle elementari, quando possibile. Dove le popolazioni vengono ancora oggi depredate delle materie prime. Non voglio tornare a vedere bruciare l’Australia o la Foresta Amazzonica a scapito dell’ossigeno che ci permette di sopravvivere.
Ma quanto può essere stupido l’uomo per non capire che è un ospite a casa tua, Gaia?
Non voglio tornare ad acquistare come un robot vestiti che non indosserò, non voglio riempire l’armadio di oggetti inutili, non voglio nutrire il mio corpo con cibo spazzatura e non voglio acquisire il linguaggio stereotipato del marketing dove tutti devono fare le stesse cose per avere visibilità in un orticello mediatico dove non si capisce più la differenza che passa tra un avatar e un altro. Non voglio tornare in un mondo in cui il mio corpo è accettato solo se in un dato momento aderisce ai canoni imposti dalla società dei mezzi di comunicazione, perché non sono finta e non mi inietto plastica e protesi per piacere agli altri, In fondo non amiamo le persone per il silicone o per la perfezione, ma è proprio l’imperfezione dell’unicità a renderci degni di essere amati.
Non so se ci hai fatto caso, Gaia, ma in questi giorni, tutti chiedono ai propri Governi soluzioni, chiedono cosa accadrà, come se fosse solo una scelta dall’alto. Come se le nostre singole azioni, non avessero senso e invece sono proprio le nostre singole azioni che ci hanno condotto fin qui o quelle che non abbiamo agito. Se mangio male, se penso che una persona sia imperfetta, se giudico, se acquisto determinati prodotti, se voto in un determinato modo, lo scelgo io, Ed è una singola azione che viene assommata ad altre che dà origine a sistemi sbagliati. O giusti, se indirizziamo le nostre singole azioni nella direzione corretta.
Il cambiamento parte dal singolo, dalle responsabilità che si assume rispetto al mondo, dai valori che mette in pratica in maniera coerente. E dalle singole azioni che vengono a sommarsi alle altre.
Non siamo dei bambini, eppure c’è stato bisogno di una nuova generazione di giovani, per capire che spesso ci siamo comportati come tali, per giunta viziati, ed io, che sono una ragazza di quasi 50 anni, lo so bene.
Sono figlia della generazione di chi ha vissuto la guerra di striscio e il boom economico con entusiasmo incontenibile, senza aver vissuto le privazioni. Abbiamo dato per scontate tante cose, troppe. Ed è arrivato il momento per tutti, senza distinzioni, di rimboccarsi le maniche come potremo, senza più aspettare che sia sempre qualcun altro a farlo al posto nostro. E’ un po’ come quando si pulisce la casa piuttosto che avere qualcuno che lo fa per te. All’inizio non vorreste farlo perché pensate sia una noia, poi, quando incominciate, vi rendete conto che la cura di qualcosa è la cura di noi stessi. Vi affezionate a quel momento perché entrate in contatto con le cose ma anche con voi stessi e non rinunciate più a quel momento.
Facciamo un patto, Gaia, io prometto che ti rispetterò e cercherò di farlo con tutte le mie forze, perché so che seminando con le azioni, anche piccole, diventerò un modello per altre persone e cercherò di seguire altri modelli creando un circolo virtuoso.
Ti chiedo solo una cosa: non abbandonarci, perché lo sai, per i cambiamenti ci vuole, comunque, del tempo, ma io confido che in questo modo le persone, dopo che hanno visto i propri governanti deresponsabilizzarsi davanti a una tragedia umanitaria, uomini che hanno contribuito con il loro potere a finanziare le società e le aziende che hanno sfruttato le risorse in maniera cinica e rapace, esercitino il loro potere d’ora in poi, attraverso il voto, attraverso la scelta di studiare, di approfondire le notizie, di usare i canali social in maniera costruttiva e di capire che siamo responsabili di qualunque cosa ci accada, anche a livello macro, perché ogni azione è frattale. Avviene nel piccolo per poi manifestarsi in grande.
Grazie Gaia per esserci e per sostentarmi e per averlo fatto finora
Con rispetto e gratitudine
Viviana Musumeci